Pilgiò e i suoi gioielli scultura

La prima volta in cui sentii il nome Pilgiò fu quasi quindici anni fa.
Lo ricordo ancora come se fosse ieri: ero in uno dei ristoranti giapponesi più cool di Milano e stavamo festeggiando l’addio al nubilato di un’amica.
Tra gli invitati c’era anche una ragazza bionda, elegante, simpatica. L’unica cosa che però notavo di lei, e da cui non riuscivo a staccare gli occhi, era l’anello che aveva al dito.
Mi spiegò che era la sua fede, fatta su misura da un artista orafo che a lei piaceva tantissimo: “Si chiama Pilgiò, cercalo su internet. Ti stupirà!”
Fu quello il mio primo incontro con i gioielli di Antonio Piluso, in arte Pilgiò.
Calabrese, milanese di adozione, Antonio Piluso inizia il suo viaggio nell’arte orafa da giovanissimo e apprende i segreti e le tecniche di lavorazione durante il suo tirocinio da Faraone.
La sua vena artistica e la sua esuberanza lo spingono presto a cercare uno spazio tutto suo, dove poter sperimentare e liberare la sua “fantasia alchemica”, così nel 1982 apre il suo laboratorio nel cuore di Milano e due anni dopo crea il brand Pilgiò.
Sin da quel lontano 1982, Antonio Piluso non ha mai smesso di sperimentare e di dare voce al suo vigore espressivo, credendo fermamente nel valore e nell’originalità delle proprie creazioni. Una fiducia che in questi anni lo ha portato ad essere un artista ormai conosciuto anche a livello internazionale
Nei suoi gioielli Pilgiò celebra l’incontro tra sostanza e materia e tra passato e futuro.
Proprio dal suo passato, infatti, nasce la sua arte. Un’ arte che prende le mosse dal ricordo del nonno contadino e dal padre muratore.
Da piccolo infatti frequentava i cantieri dove lavorava il padre, prendendo così familiarità con cemento, mattoni, calcestruzzo e materiali di recupero e riciclo. Ed è proprio in suo omaggio l’artista ama definirsi “muratore del gioiello”.
Infatti non è un caso se le sue creazioni ripresentano la stessa texture dei muri sbrecciati e diroccati, erosi dal tempo, ma anche la morbidezza della forza primitiva e contadina della terra.
Quelli di Pilgiò sono gioielli materici in cui l’artista include spesso materiali del tutto sconosciuti nell’ambito della gioielleria, senza preoccuparsi di rompere gli schemi e i confini della convenzione.
Le sue opere, infatti, sono sperimentali abbinamenti tra materia opaca, diamanti, pietre preziose e semipreziose, fusione di nobili metalli come l’oro e l’argento, con metalli meno preziosi come il ferro, l’acciaio e il bronzo.
Metalli che avvolgono frammenti di mattone rosso, ceramiche, lava, chiodi, molle e pinze costringendole in un amalgama di schegge di significato e di ricordi personali che, in questo modo, conoscono nuova vita in un contesto del tutto differente.
Non solo sperimentazioni di materia ma anche di forma: nei suoi gioielli infatti si trovano commistioni e combinazioni stilistiche inusuali e inedite come l’ arte orientale, i gioielli etnici, e i manufatti barbari e longobardi.
Ed infine il colore: spettacolari sfumature e cromie arricchiscono e “vestono” ogni suo gioiello, dove ora viene esaltato l’arancio del processo di ossidazione, ora il blu della reazione del metallo al fuoco, creando in questo modo effetti assolutamente unici e sempre diversi. Perché ogni creazione di Pilgiò è unica ed irripetibile e scaturisce da un’incessante attività di ricerca e sperimentazione che spinge la materia verso il suo limite naturale.
Alle diverse gradazioni del grigio dell’oro bianco, si contrappongono i toni scuri dell’argento ossidato, la porosità e l’opacità dell’oro rosso, un ulteriore rimando al mattone delle costruzioni edili e alle impalcature di ferro arrugginito che si elevano in altezza e profondità.
Tra le sue collezioni, forse quella più conosciuta e famosa, ma soprattutto rivoluzionaria è quella dell’ oro muto”, l’oro “azzittito” nella sua lucentezza.
L’oro muto è un brevetto esclusivo di Pilgiò, scaturito da anni di incessante ricerca materica, che conferisce alle sue creazioni un’aura che ricorda il lontano passato dei reperti storici con le loro ossidazioni e le corrosioni delle varie sostanze del tempo.
Nei suoi gioielli permane il concetto di una materia considerata non come elemento inerte ma vivo e mutevole, che sprigiona energia e muta nel tempo, così come anche noi cresciamo, cambiamo e invecchiamo..
Per Pilgiò dietro ogni gioiello c’è sempre una storia, un vissuto, un’apparente fragilità fatta di luci e ombre, così come in ogni sua creazione si alternano forme piene, vuoti e nodi.
Vere e proprie sculture da indossare.
I gioielli di Pilgiò sono eterni, permanenti e, al tempo stesso, in continua evoluzione, simboli di una passione che non smette mai di ardere.
Infatti, è la vita stessa che si rivela nella materia e che l’uso del gioiello contribuisce ad alimentare, raccontando non solo la vita e l’arte del suo creatore, ma anche la personalità e lo stato d’animo di chi lo indossa.
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