Marlene Dietrich: l’Angelo Azzurro

Immagina un Alfred Hitchcock attonito mentre si sente dire dal leggendario Angelo Azzurro in persona:
“No Dior, No Dietrich.”
Fu proprio quello che nel 1950 il famoso regista si sentì dire da Marlene Dietrich durante le trattative per il film “Stage Fright” (Paura in Palcoscenico): la diva avrebbe accettato di recitare in quel film solo se gli abiti fossero stati disegnati dalla famosa maison francese.
Non sappiamo come reagì Hitchcock , ma il regista dai modi sornioni accettò di soddisfare questa richiesta che a lui dovette apparire abbastanza stravagante.
Hitchcock, infatti, sapeva bene che la presenza della diva, unita ad una certa percentuale di glamour da “haute couture”, non avrebbe fatto altro che contribuire a rendere il suo film un grande successo.

Le donne erano affascinate da lei e gli uomini erano ammaliati dal suo fascino: spregiudicata, atea e dichiaratamente bisessuale, dotata di un ambiguo erotismo androgino, fu il regista Josef von Sternberg a notarla e a sceglierla per il ruolo di Lola-Lola, la cantante di cabaret in calze nere a rete de L’Angelo Azzurro, film che la consacrò diva indiscussa e per cui Marlene Dietrich disegnò lei stessa i costumi.
Questo film sancì il sodalizio artistico tra la diva e il regista che la convinse anche a farsi estrarre quattro molari (!!!) e ad affrontare una dieta ferrea per ottenere un aspetto più “drammatico”.

La stampa di Berlino, subito dopo la prima della proiezione del film, l’aveva già proclamata una star, ma l’attrice si trovava già sul transatlantico che la portava in America, in fuga dalla Germania nazista.
Marlene Dietrich non tornò mai più nel suo paese natale e proprio per questo fu accusata di tradimento dai suoi compatrioti.
Durante la traversata oceanica Marlene incontrò il costumista Travis Banton, con cui iniziò una proficua collaborazione professionale che durò per tutta la sua vita.
Fu lui a scattarle la famosissima fotografia che la ritrae vestita da yachtman, una foto che venne poi diffusa dalla Paramount Pictures che defininì l’attrice come:
“La donna che perfino le donne possono adorare”.
E pensare che proprio la Paramount aveva cercato invano di proibirle di indossare i pantaloni!
In quegli anni, infatti, per una donna indossare vestiti maschili era un atto davvero sovversivo.


Il suo successo, il suo carisma e il suo charme sono noti a tutti.
Pochi invece conoscono la passione per i gioielli che Marlene Dietrich nutriva sin da quando era piccola: la madre infatti possedeva, nella Berlino degli anni venti, una gioielleria nella strada più alla moda della capitale.
Nota anche per il suo gusto impeccabile, Marlene creò un vero e proprio fashion style dove i gioielli giocavano un ruolo fondamentale.
Fu una abile collezionista: molti dei suoi gioielli le furono donati da ammiratori o amanti oppure commissionati da lei stessa a gioiellieri di grande fama come Paul Flato, Fulco di Verdura, Mauboussin e Van Cleef & Arpels.
Marlene era l’eccezione, una mosca bianca che non passava certo inosservata nella Hollywood dell’epoca che, al contrario, prediligeva gioielli dal design sfarzoso che montavano enormi pietre (false).
La diva amava essere controcorrente e fuori dal coro, unica, imitata ma inimitabile, indipendente e sicura di sè, non esitava a rompere le convenzioni della sua epoca e a pensare con la propria testa. Dall’indossare i pantaloni al suo prendere le distanze dal regime nazista,dimostrò sempre molto coraggio nell’esprimere le sue opinioni e nel seguire le sue passioni.
Marlene Dietrich era così ossessionata dallo stile che spesso, prima di firmare un contratto per una nuova produzione pretendeva di scegliere personalmente i gioielli che avrebbe dovuto indossare.
Non furono rare le volte in cui fece ricorso alla sua magnifica collezione personale che è possibile ammirare in molti dei suoi film di grande successo.
Non si separava mai dai suoi gioielli neanche durante gli incontri con capi di stato e i personaggi celebri dell’epoca.
Nella sua collezione spicca un bracciale jarretière di rubini e diamanti che fu commissionato dall’attrice alla maison di gioielli Van Cleef & Arpels.
Fu l’amico e collega del tempo Erich Maria Remarque a suggerirle di combinare per crearlo vari gioielli di sua proprietà, che vennero così fusi, combinati e lavorati per creare questo pezzo unico, un iconico bracciale considerato un capolavoro del design degli anni ’30.
Il gioiello fu sfoggiato dalla Dietrich non solo nelle svariate foto dell’epoca ma anche nei suoi film, tra questi anche il famoso film di Alfred Hitchcock, indossato sopra i completi di Dior).


Ma nell´America dell´immediato dopoguerra, a conflitto terminato, il mood e l’atmosfera hollywoodiana presto cambiarono.
L’ostentazione del lusso non era più appropriata e così Marlene, anche per ragioni di sicurezza, rinchiuse la sua collezione nella cassaforte di una banca.
Il periodo degli abiti sfarzosi, delle paillettes e dei diamanti per l’attrice era definitivamente terminato, complice anche una non proprio florida situazione finanziaria che la costrinse a vendere alcuni dei suoi gioielli.
Nel 1987, a 86 anni, Marlene Dietrich mise all’asta da Christie’s otto pezzi della sua collezione che furono venduti per un totale di 81.500 dollari.
La diva si spense a Parigi nel 1992, all’età di 90 anni.
Della sua famosa collezione il gioiello più iconico e conosciuto è sicuramente quel famoso bracciale di rubini e diamanti, il capolavoro di Van Cleef & Arpels, che fu venduto all’asta da Sotheby‘s per 990.000 dollari ad un collezionista privato.
Solo i diamanti – e anche qualche rubino – sono per sempre.
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