Bette Davis: il Brutto Anatroccolo

“Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi assieme, ma ti prendo per il tuo talento.
Jack Warner
Voce gutturale e profonda, uno sguardo tagliente e indimenticabile che poteva arrivare anche a sciogliere il vetro.
Lei stessa, poi, si è sempre definita una “testa matta”.
I suoi divorziarono quando aveva solo sette anni e la madre, fotografa, fu costretta a riprendere a lavorare per mantenersi.
Però fu costretta a mettere lei e la sorella in collegio.
Studiò danza con la grande coreografa Martha Graham e scoperse proprio in quegli anni la passione per la recitazione.
Bette Davis Imparò a recitare in un’epoca in cui i produttori lanciavano nello star system solo bionde dal fascino irresistibile.
Lei, che non era affatto la classica bellezza dell’epoca, divenne comunque una delle più grandi attrici della storia di Hollywood.
Era una diva bizzarra, imprevedibile, ironica e provocatrice.
Spesso anche graffiante e soprattutto una diva odiata dalla schiera dei suoi colleghi che si trovavano comunque, loro malgrado, costretti ad ammirarne la bravura.
Determinata a voler inseguire i suoi sogni Bette Davis, per potersi permettere gli studi di recitazione, lavorò come cameriera e posò nuda per la scultrice Anne Coleman Ladd, mentre già si doveva misurare con il talento di Katharine Hepburn e Lucille Ball, sue compagne di corso.
La futura diva esordi a Broadway a soli 21 anni e cominciò a collezionare una serie di ruoli importanti che non passarono certo inosservati ai dirigenti della Universal Studios che la chiamarono a Hollywood, perché lei era
“Bruttina, certo, ma troppo brava per lasciarla al teatro”
Così Bette Davis, accompagnata dalla madre, presero il treno per recarsi agli Studios, ma quando arrivarono con loro stupore non trovarono nessuno ad attenderle. Seppero dopo che l’incaricato che aveva appuntamento con loro aveva aspettato ma se ne era andato perché non aveva visto arrivare nessuno che “sembrasse un’attrice”.
L’inizio, con queste premesse, non fu affatto facile: le prime audizioni non andarono bene e i produttori decisero allora di utilizzare Bette come partner per i provini ad altri attori.
“Ero la vergine più yankee dell’est, la più modesta che abbia mai camminato sulla terra, mi hanno messo su un divano e ho testato quindici uomini … tutti dovevano giacere sopra di me e darmi un bacio appassionato. Oh, pensavo che sarei morta. Pensavo solo che sarei morta”.
Incredibilmente Bette venne respinta anche ad un secondo provino: la vestirono in fretta con un costume inappropriato per il ruolo che doveva interpretare.
Era un costume con una scollatura troppo profonda che fece esclamare al regista ad alta voce:
“.. queste dame che mostrano il loro petto e pensano di poter ottenere un lavoro..”
Ma lei era un brutto anatroccolo che aveva un’arma segreta: due “occhi deliziosi”.


Fu proprio quel suo sguardo così particolare a farle ottenere un ruolo nel suo film d’esordio “The Bad Sister” dove recitò al fianco di Humprey Bogart, pellicola che finalmente la rese nota alla critica e al pubblico.
Da quel momento in poi Bette legò il suo mito ai personaggi femminili che interpretò: donne difficili, decise e coraggiose, personaggi drammatici, sentimentali e morbosi.
Il produttore David Griffith, scrisse di lei:
«Bette non è un’attrice come le altre. Che ci rivoltino con la loro crudeltà o ci commuovano con le loro virtù, i suoi personaggi hanno qualcosa che ce li rende sempre e comunque affascinanti».
Decisa e caparbia anche per le scelte che impose alla produzione: l’abito rosso che volle assolutamente indossare in Jezebel, contro il parere di tutti, si rivelò essere una scelta azzeccatissima oltre che rivoluzionaria:
«Lo volli io quell’abito rosso.
Mi impuntai sul colore, e alla fine ottenni quello che volevo.
Mi dicevano che il pubblico non avrebbe mai accettato una ragazza al suo primo ballo in vestito rosso. “
Piacerà a dieci milioni di donne, vedrete”, risposi io.
E il gradimento del pubblico fu la mia grande vittoria.
Andò di moda, per decenni, l’abito rosso per le giovani debuttanti in sala da ballo.
Chiesi di poterlo portare a casa poi, quell’abito di scena, a conclusione delle riprese.
Non lo indossai in privato, ma lo conservai per anni in guardaroba, come si conserva un oggetto prezioso.
Era tra i ricordi più belli della mia vita di attrice».
Bette era sempre pronta ad interpretare sullo schermo le istanze femminili e a dare voce e corpo ai desideri delle donne con i suoi personaggi.
Fu all’avanguardia anche nella scelta dei personaggi da interpretare, infatti in quegli anni molte attrici erano titubanti nell’interpretare personaggi negativi o crudeli, e spesso decidevano di rifiutare questo genere di ruoli.
Bette invece aveva capito che interpretare ruoli di donne diaboliche era una grande opportunità, un’occasione unica per mostrare al mondo la versatilità delle sue doti recitative. Dalla sua ebbe anche la fortuna di incontrare registi che, fidandosi della sua intelligenza e del suo istinto, le lasciavano grande libertà interpretativa: ad esempio la assecondarono quando insisté per non essere truccata durante la scena della sua morte nel film “Schiavo d’Amore”.
“Le ultime fasi di consumo, povertà e abbandono non sono carine, e volevo essere convincente.”
raccontò lei, per spiegare la sua scelta.

Le sigarette erano “la sua firma”: non erano solo accessori, compagne di scena e di vita, che le conferivano classe, erano l’estensione del suo sé, come se la sua personalità già dirompente dovesse avere bisogno di un ulteriore rinforzo. Nella sua biografia infatti si legge:
“Le sigarette erano per Bette Davis ciò che una bottiglia di Southern Comfort era per Janis Joplin o una camicia nera mezza sbottonata era per Tom Ford: un accessorio mondano elevato per pura forza di personalità al livello di un autografo stilizzato”.
Bette Davis ha usato il fumo in un modo che nessuno aveva mai visto prima: lo aveva trasformato nella sua firma artistica.
Recitò in novanta film, dieci nomination, due Oscar, una coppa Volpi a Venezia, molti amori, 4 mariti e 4 divorzi tre figli (di cui due adottati) e una vita difficile, nonostante la fama.
Bette era una donna forte, con un carattere deciso e una personalità arrogante. Seppe sempre canalizzare e sfruttare il suo dolore, le sue ferite emotive e la sua disperazione nella recitazione, sempre disposta a tutto per intrepretare al meglio la parte, incurante del suo aspetto fisico, in un’epoca in cui la bellezza per una attrice era TUTTO, come quando si rasò l’attaccatura dei capelli e le sopracciglia e si trasformò in una maschera di cera per interpretare l’anziana Elisabetta I d’Inghilterra.
A differenza delle dive del periodo che volevano assicurarsi di apparire sempre perfette sullo schermo e fuori dallo schermo, snervando la troupe per ottenere un’illuminazione migliore, mantenendo una routine di bellezza quasi militare e insistendo per ottenere un trucco pesante, Bette non fu mai schiava dell’estetica, preferendo dedicarsi anima e corpo ai ruoli che doveva interpretare.
Non aveva paura di apparire grottesca se ciò doveva essere necessario per il personaggio che doveva interpretare.
Spesso preferiva truccarsi da sola, strofinandosi il viso con polvere di gomma per invecchiare anzitempo, sotto lo sguardo attonito dei truccatori che quotidianamente avevano a che fare con attrici che pretendevano di apparire sempre perfette.

Bette Davis però era una DIVA capricciosa, che si rifiutava di filmare alcune scene, faceva ricostruire interi set perché non erano di suo gradimento, e che amava improvvisare senza seguire il copione, costringendo persino gli sceneggiatori a riscrivere le scene secondo il suo capriccio.
Atteggiamenti irritanti che però costituivano il suo personale modo di combattere l’infelicità:
“Quando ero molto infelice, mi scagliavo, piuttosto che piagnucolare.”
Ma è a lei e al suo tormento interiore che dobbiamo una serie di film indimenticabili entrati a pieno diritto nel mito di Hollywood:
“Il Tramonto”, “Il conquistatore del Messico”, “Il conte di Essex”,“Ombre malesi”, “Piccole volpi”, “Perdutamente tua”, “Questa nostra vita”, “Il grande amore”, fino al personaggio indimenticabile di Margo Channing in “Eva contro Eva” (All About Eve).
Il capolavoro in cui Bette interpreta la grande attrice sul viale del tramonto che tenta disperatamente di resistere all’assalto della giovane rivale Anne Baxter.

Ironica e graffiante, dopo il grande successo di “Eva contro Eva”, non riuscendo a trovare un copione che fosse all’altezza del suo ultimo successo, Bette pubblicò un annuncio nella sezione annunci e ricerche di lavoro, sul più noto quotidiano di Los Angeles:
«Madre di tre figli, 10, 11 e 15 anni, divorziata, americana, trent’anni di esperienza come attrice di cinema, ancora in grado di muoversi e più affidabile di quanto si racconti, desidera impiego anche stabile a Hollywood. Ha già avuto Broadway. Referenze a richiesta. Bette Davis».
Tra le sue pellicole più famose il thriller del 1962 che interpretò con la sua grande rivale Joan Crawford “Che fine ha fatto Baby Jane?” .
Del 1965 invece il thriller “Piano, piano, dolce Carlotta”, accanto a Olivia de Havilland, e parecchi anni dopo invece la sua partecipazione al film “Assassinio sul Nilo”.
Girò anche due film in Italia, “La noia”, tratto dal romanzo di Alberto Moravia, accanto a Catherine Spaak, con la regia di Damiano Damiani, e nel 1972 “Lo scopone scientifico” con Alberto Sordi e Silvana Mangano, per la regia di Luigi Comencini.
Alberto Sordi, che lei chiamava “SORDIDO” non le piaceva: lo definì maleducato e provinciale.
Bette non gli perdonò di non averle mai rivolto la parola in lingua inglese, nonostante lui lo parlasse benissimo, un vero affronto per una DIVA come lei.
Afflitta da numerosi problemi di salute morì a Parigi a 81 anni, qualche giorno dopo aver ritirato il suo ultimo premio alla carriera al Festival cinematografico di San Sebastian.
Distante dai canoni di bellezza femminili dell’epoca fu il suo fascino a renderla indimenticabile: lo stile recitativo di Bette Davis, che ha ereditato il suo stesso nome, è caratterizzato principalmente da sguardi arcigni e acuti, scatti nervosi e da una presenza scenica di spessore con cui l’attrice seppe dare vita a ogni ruolo che interpretò.
Bette Davis sarebbe stata probabilmente bruciata come strega se avesse vissuto due o trecento anni prima.
Lei infatti dava la curiosa sensazione di essere dotata di un potere che non poteva trovare sbocchi ordinari.
Caparbia, battagliera, incurante dei giudizi altrui, seppe imporsi in un mondo di lustrini e donne bellissime, dimostrando al mondo che determinazione e bravura non conoscono ostacoli.
Nessuno, infatti, ha potuto fermare l’uragano Bette Davis, una vera e propria forza della natura.
“Sono stata intransigente, pepata, intrattabile, monomaniacale, senza tatto, volatile e spesso sgradevole.
Suppongo di essere più grande della vita”.
Bette Davis.
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